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Quando la parabola dirompente e rivoluzionaria delle Avanguardie artistiche del primo decennio del Novecento si esaurisce a ridosso del primo conflitto mondiale, cede il posto ad una nuova visione della realtà e ad una nuova interpretazione del mondo che, facendo tesoro delle atmosfere sospese ed ambigue della prima metafisica dechirichiana e recuperando aulici modelli dal passato, coniuga temi contemporanei ad allegorie classiche. Si tratta di un fenomeno transnazionale che con acutezza critica e intelligente intuizione il critico d'arte monacense Franz Roh, in un suo celebre saggio dedicato alla pittura contemporanea tedesca e pubblicato nel 1925, definisce Realismo Magico. La formulazione è in effetti di un ossimoro poiché un termine collide con l'altro e tuttavia quella definizione calza perfettamente per un fondamentale segmento dell'arte italiana compreso tra l'esordio degli anni Venti, con qualche significativo antefatto, e il suo sviluppo negli anni Trenta, con qualche strascico negli anni della seconda guerra mondiale. A partire dalle invenzioni pittoriche di Giorgio de Chirico e di Felice Casorati, ma anche di Carlo Carrà e Gino Severini, i quali, abiurando la fede futurista, già alla fine degli anni Dieci propongono un "ritorno all'ordine" e un recupero dei valori plastici dell'arte del passato, da Giotto a Masaccio a Piero della Francesca, fino alla decisa presa di posizione e al formulario "realistico e magico, insieme" di Cagnaccio di San Pietro, Antonio Donghi, Ubaldo Oppi, Achille Funi, Cesare Sofianopulo e alle varianti sul tema di Mario Sironi, Giorgio Morandi, Piero Marussig, e molti altri, il manipolo dei "realisti magici" si incrocia con i destini di "Novecento", il gruppo milanese creato da Margherita Sarfatti, ma anche con le realtà locali dell'arte veneziana, triestina, torinese, romana uscite da esperienze secessioniste. La realtà artistica italiana, ben connotata e ricca di suggestioni e spunti, non risulta tuttavia isolata, trovando significativi contrappunti e analogie, pur nella diversità degli obiettivi e delle matrici culturali di partenza, con la Neue Sachlickheit (Nuova Oggettività) tedesca, ma anche con i realismi che emergono in Olanda così come in Unione Sovietica, negli Stati Uniti come in Francia, in una generale riconquista dell'arte come mimesis della realtà, ma inevitabilmente attraversata dalle inquietudini esistenziali e ideali del Novecento. Struttura della mostra La definizione "Realismo Magico" riguarda un momento dell'arte italiana circoscritta, nella fase più creativa ed originale, in circa dieci anni, tra il 1920 e il 1930, rappresentando in sostanza il clima di fine delle Avanguardie, del ritorno al mestiere (in particolare nella pittura) e una specifica declinazione di una temperie neoclassica che ha tangenze con il gusto déco nella sua specificità italiana. Allo stesso tempo a questo segmento dell'arte italiana si legano termini specifici quali realismo, magia, metafisica, spettrale, obiettivo, vero, naturale, surreale. La mostra si articola intorno a 85 capolavori della pittura di quel momento, secondo una precisa ricostruzione filologica e storiografica del fenomeno "Realismo Magico". Alla struttura cronologico-filologica si innesterà in alcuni punti una proposta tematica (il ritratto, la natura morta, l'autoritratto, i bambini, il circo e il gioco, il paesaggio, I'eros, il nudo, l'allegoria) che permetta al pubblico di cogliere le novità interpretative che il Realismo Magico mette in campo rispetto ad alcuni generi della tradizione pittorica.